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Synthagma Project: l’esperienza di un ascolto.

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la redazione di MIE

Quando l’ascolto di un disco diviene esperienza. Quando la forma è altra, si confonde con le abitudini ma prende derive di gusto non prevedibili a priori.

Nuovo disco per i Synthagma Project che dalle ceneri degli InChanto si evolvono affrontando un suono più etereo e decisamente rivolto maggiormente a scritture inediti che citazioni dalla tradizione.

“Onirica”, pubblicato dalla RadiciMusic Records di Firenze, fa mostra di un linguaggio distante anni luce dal popolo e dalla contemporanea dimensione della musica ascoltata e fruita. Torniamo in un passato remoto, esso stesso resto distopico, futuristico, elettronico a tratti ma sempre attento al tempo che si porta dentro.

“Onirica” quindi merita un ascolto pervaso di silenzio attorno. Si fa esperienza il tutto…

Fragments, il videoclip ufficiale.

 

 

L’intervista ai Synthagma Project.

Certamente “Onirica” è l’esordio dei Synthagma Project… tuttavia siamo consapevoli della carriera che avete alle spalle. Quanto e come la vostra storia ha contribuito a produrre questo nuovo percorso?

InChanto ha una storia lunga oltre venti anni in gran parte dei quali abbiamo riversato tutte le nostre “energie musicali” in modo esclusivo per cui, per forza di cose, non abbiamo potuto prescindere da esso nel dare inizio al Progetto Synthagma: il percorso fatto sino ad allora ci ha fornito la base da cui partire ma, soprattutto, indicarci con maggiore chiarezza tutto quello da cui volevamo distaccarci. La presenza di Daniele alle chitarre, non essendo coinvolto nell’esperienza precedente, ha inoltre contribuito a diversificarsi maggiormente da quanto fatto in precedenza.

Ma in particolare, anzi per essere diretti: perché dividerli? In fondo in questo disco ci sono momenti tratti dal repertorio degli InChanto…

In realtà le cose derivanti dal repertorio degli InChanto non sono moltissime e tutte abbastanza marginali, utilizzate in alcuni spettacoli dal vivo. Non hanno mai trovato posto nei precedenti lavori discografici perché non abbiamo fatto in tempo a svilupparli in questo senso: forse proprio perché già li percepivamo come un corpo estraneo all’interno degli altri lavori.

Inoltre la differenza maggiore è la filosofia alla base dei due progetti: mentre nel primo caso si privilegia il lato compositivo con la sua scrittura predefinita, nel secondo viene messo in evidenza l’aspetto improvvisativo.

Cultura e ricerca. Oggi sono parole quasi bandite visto che siamo nella religione del tutto e subito. Ne siete consapevoli? E se sì, cosa vi porta ad una scelta così “fuori genere”?

Siamo perfettamente consapevoli, purtroppo, di stare attraversando un periodo dominato dalla “cultura” (con l’iniziale rigorosamente minuscola) della superficialità in cui la parola d’ordine è apparire. D’altra parte avendo un’età che si colloca fuori dalla logica di X-Factor e talent simili preferiamo fare quello che più ci piace e come ci piace ma, soprattutto, con onestà.

Probabilmente, dato che la Cultura per molti è oramai cosa inutile, forse siamo inutili anche noi. Ma non ci importa.

Sono ampiamente conclamati i richiami al prog anni ’70. Semplice devozione ad un momento storico a cui siete legati o ci sono legami concettuali?

L’esigenza di una scrittura musicale più articolata, che vada oltre la forma canonica della canzone, è sempre stata primaria anche nei progetti precedenti: qui a maggior ragione. Oltre a questo di quel periodo ci piace riprendere la contaminazione tra generi musicali diversi e l’importanza della grafica che diventa un tutt’uno con la musica.

Sicuramente per quello che mi riguarda c’è anche un aspetto devozionale essendomi formato musicalmente sin dalla mia adolescenza con questo genere, oltre ad aver fatto parte di band prog-rock come tastierista. In seguito mi sono avvicinato anche ad altri generi, cosa che vale anche per Michela e Daniele: d’altronde la musica “deve” essere curiosità.

Dietro le righe di questo disco c’è anche spazio per l’improvvisazione. Avete letteralmente improvvisato e inciso direttamente oppure avete fatto decantare il tutto per poi eseguirlo in studio?

Non abbiamo, e non vogliamo avere, un “modus operandi” univoco nella costruzione dei brani ma cercare la massima libertà espressiva possibile. Per cui nel disco troviamo un po’ di tutto ciò: alcuni brani li abbiamo strutturati sin dall’inizio per completarli in seguito in fase di registrazione.

Altri sono nati direttamente da improvvisazioni in studio per poi essere sviluppati a posteriori: in molti casi, poi, abbiamo preferito lasciare le incisioni dei provini iniziali in quanto, pur nella loro imprecisione, avevano una spontaneità che non siamo riusciti a ottenere in successive registrazioni.

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