Soundelirio: il gusto pieno del vero rock d’autore
Quanto ci piace sentire un rock che arriva sin dai tempi gloriosi dei primi anni 2000, quando il suono era deciso, pulito e assai sicuro nella sua definizione. E qui ci arriva alla mente il bel mondo dei Dream Theater con quel giusto equilibrio tra progressive, epica e anche pop da cassetta.
Esordio che in qualche modo strizza l’occhio a tutto questo è “Mostralgia”, opera prima per il duo marchigiano dei Soundelirio.
Bellissime tinte di un mondo americano di grandi eroi elettrici e analogici, liriche impegnate che però non abbandonano l’allegoria popolare… e quella sezione di drumming e quella parete di chiatarre e power chord che non sono mai eccessive e presuntuose. C’è anche tantissimo pop dentro il primo disco dei Soundelirio.
Charlie 2.0, il video ufficiale.
L’intervista ai Soundelirio
Primo disco, esordio interessante dai toni americani o sbaglio?
Ci fa molto piacere che lo trovi interessante. Quanto ai toni, non nascondiamo i nostri gusti e le nostre radici hard rock, indi-rock, metal e grunge. Anzi, le celebriamo. Abbiamo cercato il sound che meglio rispondesse alle suggestioni che (ci) volevamo provocare. Ed è quello che ci ha accompagnato per tutta la vita.
Il rock è il nostro soundtrack da sempre. Abbiamo cercato di creare una fitta rete di armonie, soprattutto con le chitarre. Quasi a creare un supporto evocativo impercettibile ma fondamentale per il risultato che volevamo. Speriamo che queste emozioni arrivino. Noi le abbiamo provate, nel farlo.
E più in generale? Ispirazioni? Da dove prendete spunto per il vostro suono?
In realtà, non necessariamente dalla musica. Siamo due tipi piuttosto contemplativi. E, credo, buoni osservatori di chi e di ciò che ci sta intorno. A volte l’impulso creativo parte da un verso, una poesia, dall’espressione del volto di una persona la cui storia ci interessa. O è semplicemente la risposta emotiva ad una situazione della vita.
Che a volte somiglia al suono di una centrifuga..E poi ascoltiamo anche generi completamente diversi da ciò che suoniamo. Per cogliere dove c’è comunque ispirazione.
In due ma dentro “Mostralgia” sento mille voci diverse. Come l’avete prodotto?
Il demo di Mostralgia è venuto fuori da una piccola stanza dove il tempo si ferma. Una sorta di rifugio antiatomico. In quel posto, le idee, le emozioni, le ispirazioni sono state catturate da un piccolo registratore multitraccia.
Tutto suonato con veri strumenti, niente pc. Una volta in studio, ci siamo accorti che l’anima c’era già tutta. Dovevamo solo portarla a livelli superiori in termini di chiarezza e stile. Due fantastici musicisti (Federico Bruni alla batteria e Stefano Lelii al basso) hanno dato un grande contributo.
Una volta catturata l’essenza dei brani, ci siamo maniacalmente focalizzati a cucire addosso allo scheletro la pelle giusta, il vestito più adeguato, la risonanza più suggestiva. Chitarre, acustiche ed elettriche, e (poche) dosi di keyboard si sono unite per fornire alla voce ed ai cori un sostrato di suggestione. Tutto al servizio del brano.
È stato un lavoro davvero faticoso ma altrettanto entusiasmante…abbiamo imbastito il golem…il fine lavoro di mastering del grandissimo Giovanni Versari gli ha dato vita…
“Mostralgia” su Spotify
Che poi il tutto sposa liriche assai intense e decisamente poco incline al pop. Disamina di una società malata in fondo. Anche voi soffrite di “algia”?
Il dolore è una presa di coscienza, un’obiezione, una risposta. La risposta dell’anima a qualcosa che non le torna. A qualcosa che non trova o che non accetta nel mondo reale. Il dolore è reazione. Ti spinge ad andare in fondo. Se vuoi trasformarlo, devi affrontarlo. E’ in quel momento che si è vivi.
Nella musica, è l’impulso a cercare luoghi, colori, emozioni, risposte che non si trovano al centro commerciale. Ognuno ha il proprio metodo. Noi facciamo rock perché ne abbiamo estremo bisogno. Senza, daremo i numeri. Chi ama il rock, crediamo, sa benissimo di cosa stiamo parlando.
In chiusura, dal vivo suoneranno i Soundelirio?
È uno dei nostri obiettivi. Scrivere un album “senza tempo”. E riuscire a mettere su una line up che possa ricreare dal vivo le alchimie che abbiamo costruito in due, in uno studio di registrazione. Incrociamo le dita.