Roberto Sarno: il suono personale delle sue canzoni.L’intervista su MIE
Si intitola “Prova Zero” il primo lavoro davvero personale di Roberto Sarno. Primo in senso spirituale, di certo non un esordio per il chitarrista e cantautore toscano che ha alle spalle una carriera di lungo corso.
Un “primo” disco personale pubblicato dalla RadiciMusic di Firenze, cioè un lavoro in cui lo stesso Sarno ridisegna il suono e la faccia di sue canzoni passate, in duo elettro-acustico con Marco Mafucci e con sparute e silenziose incursioni di piano di Alberto Nepi.
Un lavoro intimo e personale, lo-fi nelle sue dimensioni elettrificate, dove l’elettronica entra con garbo ed eleganza ad arricchire il tutto con estrema coerenza. Non è un disco che prende posizioni ne un suono che cerca la rivoluzione.
In tracklista anche una bellissima cover a Motta con il brano “Abbiamo vinto un’altro guerra”.
Il tempo che brucia sull’asfalto, il videoclip ufficiale.
L’intervista a Roberto Sarno
Un disco di “inediti”. Ho avuto modo di ascoltare brani come “Fragole” o “Come per sempre” presenti su “Endorfina” del 2016. Hai abbandonato un rock più urbano, quelle chitarre quasi “grunge” se mi posso azzardare. Hai abbandonato anche dei registri vocali sostenuti… perché?
Ho voluto asciugare l’essenza di queste canzoni fino a riportarle ad una struttura più intima. E’ stato come rivivere le emozioni che mi hanno portato a scriverle.
Credo che perfino nella vita non ci sia continuamente bisogno di trovare cose nuove, talvolta si possono vivere cambiamenti anche nelle cose che si fanno di solito o con le persone che si hanno vicino da sempre. Questo è un po’ il senso di Prova Zero.
Il cambiamento estetico che queste canzoni hanno subito è solo l’aspetto formale del desiderio di ristabilire con loro un equilibrio eterno.
E sul passato… ero curioso di ascoltare la radice degli altri brani. Dove sono custoditi? Dove posso rintracciarli visto che i canali digitali, se non erro, tengono memoria solo di “Endorfina” del 2016?
Le altre vanno cercate nelle tracce di Quigoh, la band che mi ha accompagnato per una decina d’anni prima che uscissi con Endorfina. È il progetto che ho messo in piedi dopo essere stato assente dalla scena per un bel po’.
Con loro ho pubblicato “Give It A try”, di cui esiste solo la versione fisica su CD, dal quale ho tradotto alcune cose per Prova Zero, e “Le tue parole”, che invece si trova anche sulle piattaforme digitali.
E se dovessero chiederti se un duo digitale, acustico è stata la soluzione più conveniente a dialogare in questa crisi di mercato musicale, cosa risponderesti?
Da un certo punto di vista è vero; ogni forma d’arte si sviluppa nel contesto in cui ha origine. Per il mio stile di vita non è più epoca di rock’n’roll nelle cantine; ho cercato di adattare la mia vita ad un mood più confacente col mio pensiero contemporaneo e perché no… anche alle mie possibilità organizzative.
MIE Vol.16 – la playlist di Aprile 2020
Poi mi ha colpito, sempre avendo il passato come riferimento, che questa volta, tra disco e video ufficiali, la tua immagine sia meno sfacciata, anzi quasi coperta da allegorie visive, da distorsioni (come fa il video). È un caso?
Quando tredici anni fa ho ripreso l’attività dopo la lunga pausa, avevo necessità di trovare un’identificazione per me stesso nella veste di “artista part time” e quindi ho sentito l’esigenza di mettermi in gioco “sfacciatamente”.
È un processo che è durato a lungo ed è passato attraverso sia la forma musicale, sia quella autorale, sia quella dell’immagine.
Adesso ho trovato un certo equilibrio e non ne sento più il bisogno.
Dicci dei suoni. Come li avete scelti? Cosa inseguivate di preciso?
Volevamo che fosse un disco di un cantautore italiano che suonasse con le sonorità alternative che arrivano principalmente dalla musica anglosassone che più amiamo.
Anche la voce, per quanto di principale importanza per un disco come questo, poteva essere filtrata. Si doveva amalgamare ai suoni caldi delle chitarre più crude, a quelli viscerali della strumentazione elettronica più evanescente.
In ultimo: la canzone oggi, che peso continua ad avere… se ancora ce l’ha?
Ascolto moltissima musica di cui non capisco la canzone, ma quando riesco a cogliere la parola e ne percepisco il peso, allora tutto ruota lì intorno.
È vero che oggi ci sono anche molte cose interessanti dove la parola non è importante, in dei casi voci campionate che non dicono nulla, ma che ci fanno muovere la testa al ritmo del pezzo, spesso ci fanno divertire, ma personalmente non sento mai il loro livello nel profondo.