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Ottodix: di nuovo visioni di viaggio, umane, di tempo.L’intervista su MIE.

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la redazione di MIE

Ritorna in scena uno degli artisti più completi e visionari del panorama indie italiano.

Torna Alessandro Zannier, Ottodix, con questo nuovo disco di “realtà virtuale e spirituale” titolato “Entanglement”. Un concept, un viaggio, un incontro lungo tutta la geografia terrestre che si sviluppa in un viaggio di psichedelia digitale prodotta da Flavio Ferri dei Delta V.

Un lavoro che come al solito per Ottodix pone le basi nell’uomo e nella sua identità, nel suo divenire, e – ora più che mai – nelle tante uguaglianze che contribuiscono a dare un senso alle tante correlazioni, alle tante connessioni, qualsiasi sia il tempo e lo spazio.

Una bellissima intervista, ricca di visioni e di spunti… qualcosa che vi consigliamo di leggere con attenzione.

Pacific Trash Vortex, il videoclip ufficiale.

 

 

L’intervista a Ottodix.

Torna Ottodix con un nuovo disco “sociale”. Potremmo definirlo così secondo te?

I miei dischi indagano da almeno dieci anni le società umane cercando di capirne le dinamiche (soprattutto le storture), ma senza affrontare il quotidiano. Il linguaggio che cerco è più universale e prende in prestito di volta in volta nozioni dalla fisica, dalla storia, dalla scienza, dalla filosofia, per smascherarne certi meccanismi, senza quindi dare un’opinione “politica”su un problema o un argomento della società.

Ciò che mi interessa afferrare con tutte le forze è un parere oggettivo avvalorato da discipline importanti e inconfutabili, che non sia di parte, per spiegare perché certe cose sono scientificamente sbagliate, o stupidaggini, o bellissime in modo universale. In un mondo dominato da fake news e dalla messa in discussione di ogni parere autorevole (il mio parere di ignorante vale quanto il tuo che è frutto di anni di studi), credo che ci sia l’urgenza di ritrovare dei punti fermi del sapere.

Come quando si andava a scuola e si imparavano i cardini fondamentali su cui poggia il mondo, dalla matematica alla geografia alla storia. Ecco, nel precedente “Micromega” toccava alla fisica e all’astrofisica, ora tocca alla geo-storia. Studiando per prepararmi a questi album imparo anche un sacco di cose, sono sempre percorsi esaltanti perché ritorno studente e riapro gli atlanti dei sogni. E quindi resto giovane.

Che poi il taglio sociale è sempre stata una tua cifra stilistica, anche e non solo nella musica… vero?

Beh, si, come ti dicevo, i temi li sviluppo anche nella mia attività di artista visivo. Le mie installazioni e opere in generale hanno tutte lo stesso approccio tematico. Aggiungerei che l’amore per l’indagine della società, fatta partendo da dentro, descrivendo ll dettaglio, la quotidianità, l’aneddoto dell’uomo comune, mi interessa poco.

Mi piace vedere il disegno generale da fuori, dello sciame o del formicaio umano, più che la singola formica, vedere come inconsciamente si sposta, perché è nell’andamento del collettivo che si scopre quali sono le vere ragioni del nostro agire da “singola formica”. Crediamo di avere libero arbitrio invece ci muoviamo su scala più grande guidati da forze fisiche che tengono conto inconsapevolmente del collettivo di cui siamo parte.

Insomma, come noterai mi piace di più la parte visionaria della realtà, che quella descrittiva-oggettiva. Quella la lascio ai cantautori d’altri tempi.

In tutto questo tempo cos’è accaduto nella tua ispirazione e cosa ti ha portato a sviluppare questo nuovo viaggio?

Avevo la necessità di trovare un nuovo argomento stimolante dopo il viaggio di “Micromega” attraverso i livelli diversi di grandezza della materia nel cosmo. Un viaggio che mi ha indicato uno stile come artista, una via personalissima tra musica, divulgazione e spettacolo (live).

Un nuovo tema che avesse un percorso, ma che anche in questo caso non fosse fine a sé stesso e fosse propedeutico a una lettura filosofica utile dei giorni nostri, un giro del mondo per canzoni, fatto alla Jules Verne, attraverso i mari e i continenti alla caccia delle origini delle connessioni del nostro mondo attuale, mi sembrava avvincente e corrispondente a tutti i requisiti che cercavo. Anche in vista di nuovi spettacoli – concerti da portare in giro.

Con “Micromega” ho seminato davvero tanto e attirato l’attenzione di ambienti culturali, istituzionali, scolastici, artistici e divulgativi; non potevo non tenerne conto per proseguire, è stato un percorso fisiologico e naturale, devo dire. I contenuti di questo album-concept, poi, sono attualissimi, dall’ambientalismo alla connessione globale, alle derive dell’informazione.

La strada che sto aprendo è quella di spostare la musica “leggera” verso altri territori, riempiendola di contenuti, ma continuando a utilizzare la potentissima arma delle strofe e dei ritornelli della forma canzone per divulgarli. Questo almeno è il mio scopo.

Non so se è una mia impressione me trovo che tra i tanti colori dominanti nei tuoi lavori ci sia l’azzurro che in qualche modo torna sempre… sbaglio?

Che bella domanda, inaspettata e pure azzeccata. È vero, me ne sono accorto anch’io. Fa parte della mia nuova fase creativa dopo l’album “Chimera”, oscuro, quasi gotico, novecentesco e espressionista nel denunciare le utopie fallite del XX Secolo. Ottodix ha un passato poi che viene dalla new wave, dall’elettro dark, quelle cose lì, per le quali se non trasmetti sempre l’immagine “nera” e oscura non sei interessante abbastanza.

Negli ultimi anni affrontando tematiche più scientifiche e razionali, ho coltivato e riscoperto il piacere dell’”Illuminismo”, in tutti i sensi, oltre che del mare e del sole. “Micromega” era ispirato a una novella di Voltaire, l’illuminista per antonomasia, poi in genere sto trovando molti più spunti poetici osservando la natura delle cose e dell’ambiente, quindi i colori da sempre più consoni per rappresentare questi mondi sono il bianco della luce e l’azzurro del cielo e del mare.

Mi gratificano, li associo al concetto di “illuminazione”, me li figuro non a caso come i cieli dipinti dal Tiepolo. È il colore del lume della ragione

Perché approdi ad un concetto come l’entanglement?

Sempre per una conseguenza col lavoro precedente, in cui avevo utilizzato principi della fisica riscontrabili in natura e nel cosmo, per spiegare delle dinamiche umane complesse. In questo caso c’è un album e un percorso geografico fatto di luoghi e ambienti precisi, attorno al mondo, quindi è la geostoria a parlare, ma il concetto di base, la “tesi” di questo disco, la spiegazione ultima di tutti questi ragionamenti e indagini in giro per il mondo, chiede ancora una volta una mano alla fisica per mostrare il bandolo della matassa.

L’entanglement quantistico è un fenomeno affascinante che descrive una particolare capacità delle particelle della materia. Una volta separate e mandate anche a grandi distanze, continuano a interagire tra loro a distanza istantaneamente (non a velocità della luce, ma istantaneamente), mettendo in crisi il principio di spazio tempo e suggerendo che tutta la materia del cosmo è collegata in un unico gigantesco organismo, in cui un’informazione si propaga al tutto e influisce col tutto in tempo zero.

Era una bellissima immagine (poetica) per descrivere l’iperconnessione globale delle società umane oggi. Ogni cosa che combiniamo da una parte del mondo avrà ripercussioni immediate anche agli antipodi ormai, dall’inquinamento alle pandemie, all’economia alle fake news.

E qui per chiudere ti chiedo: l’arte e la scienza per te sono la stessa cosa… e penso di non sbagliarmi vero?

Non proprio. Ritengo che rispondano a due distinte necessità umane; quella della conoscenza, della comprensione del mondo e della natura da una parte e quella più spirituale, per indagare nell’essere-uomo, dall’altra. La cosa affascinante del periodo che si avvicina, è che sta tornando il contatto e l’interazione tra le due discipline.

Per me artista, la scienza è fonte di continua ispirazione, ma ora anche il mondo scientifico collabora sempre di più con gli artisti per farsi suggerire nuove idee di indagine per la sua ricerca. La scienza chiede aiuto ai visionari e si confronta con essi nel territorio neutrale della filosofia, che poi è lo scopo ultimo sia dell’arte che della scienza: trovare una quadra tra quello che c’è la fuori di oggettivo e quello che siamo dentro noi, per capire come affrontare al meglio l’esistenza.

Entanglement, l’album di Ottodix su Spotify

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