Mr. Bricks and the Rubble: il rock’n’roll made in Italy. L’intervista su MIE
Il suono rock’n’roll inconfondibile maniera in questo esordio discografico firmato da 3 artisti che sono tutt’altro che all’esordio delle loro carriere.
Parliamo di Dario Mattoni già voce e colonna portante dei Rekkiabbilly, la batteria di Nicola De Liso che nel suo background, tra gli altri, ritroviamo in grandi Folkabbestia… e il contrabbassista Dado Penta (con diverse produzioni e collaborazioni alle spalle, The Bumps, Magic Sun).
Si intitola “Busy” uscito per BOBO Records e segna un primo lavoro ufficiale per il trio che porta in scena suoni dalle sfacciate dichiarazioni rock’n’roll americane senza privarsi di qualche trasgressione di mix e di scelta artistica. Un lavoro che a suo modo cerca di affermare le origine e di aprirsi un canale di comunicazione anche verso l’attualità.
Ci piace sottolineare che il progetto musicale è stato ritenuto ammissibile da Puglia Sounds-TPP nell’ambito del programma “Puglia Sounds Records 2019 REGIONE PUGLIA – FSC 2014/2020 – Patto per la Puglia – Investiamo nel vostro futuro”.
Voodoo Spell, il videoclip ufficiale.
L’intervista ai Mr. Bricks and the Rubble
Io non posso non partire dal nome. Perché il Signor Bricks e i Rubble? Perché e da dove nasce questo nome?
Il Signor Bricks aka Dario Mattoni si chiama così dal 2010 quando per scherzo Guy Portoghese cominciò a chiamarlo così. I Rubble sono i musicisti con cui Mr Bricks riesce ad esprimersi al meglio, e sono: Nicola De Liso alla batteria e Dado Penta al contrabbasso.
Esordio “non esordio” per questa band ma non per voi tre. Cosa vi ha spinto a realizzare questo progetto a tutti gli effetti eterni b-side delle vostre vite artistiche contemporanee?
Esordio per la band e appunto non esordio per noi giovani con qualche ciuffo bianco. Credo che nella vita di molti artisti sia capitato di essere trascinati a lungo dal quel progetto che probabilmente si era messo in piedi a vent’anni, e che proprio per quella forza propulsiva, ha fatto vivere tante esperienze, ha permesso di diventare un personaggio, ha creato una professione.
Si tratta di un amore eterno, al quale devi tutto, però allo stesso tempo, mantiene sempre quella matrice iniziale, un carattere proprio che continua a vivere ed è in qualche modo legato alla sua epoca. Ecco quando realizzi questo, ti viene voglia di interpretare un’altro personaggio, che sia una fotografia più recente, che possa mettere in mostra le tue rughe, ma anche le abilità che hai sviluppato nel frattempo.
Che poi questa sorte di collettivismo è linfa vitale del rock’n’roll ma in genere della musica pugliese (trovo io). Che ne pensate?
Il rock’nroll ha avuto un’ondata felice nei primi 15 anni del 2000. C’erano tante band, c’era scambio di date, e ogni regione aveva la sua band o più band e il locale dove fare tappa una o due volte all’anno. Poi la cosa è andata un po’ in calo, ma è abbastanza fisiologico e ciclico.
Per quanto riguarda la musica pugliese si può dire che c’è sempre stato collettivismo, ma anche invidia e colpi bassi, come ovunque credo, però negli ultimi anni di Puglia Sounds gli artisti pugliesi che vogliono lavorare hanno e stanno avendo ottime opportunità.
Tra passato e futuro. Quali sono le vostre radici e quali invece i vostri orizzonti? Insomma: questo suono è il risultato di cosa?
È molto importante il passato, bisogna conoscerlo nella musica o almeno informarsi per sapere di cosa stai parlando. Noi ci rifacciamo ad una musica del passato quindi siamo praticamente obbligati ad informarci, ma siccome siamo anche giovani del nuovo millennio, ci piace sbirciare tra le pagine della nuova storia della musica.
Insomma quando arrangiamo i nostri pezzi guardiamo indietro e avanti, per essere sicuri di non perderci per strada.
MIE Vol.17 – la playlist di Maggio 2020
Ed ecco un tema interessante: secondo voi quanto di tutto questo arriva come si deve al pubblico? Visto che, come immagino, si cita radici importanti ma decisamente fuori dai grandi canali discografici popolari italiani…
Questo progetto è nato con una prerogativa: non preoccuparsi molto di piacere al grande pubblico, anche perché quando diventa una preoccupazione, influenza molto la fase di scrittura e gli arrangiamenti. Il pubblico è molto importante e merita tutto il nostro rispetto, ma il grande pubblico e il suo consenso è soggetto a dinamiche molto complesse.
Esiste però una importante fetta di pubblico, quella che una volta si chiamava “underground” che ancora aspetta l’uscita di un disco che “citi radici importanti”, e noi per ora lavoriamo per quel pubblico in Italia, poi il tempo e le mode possono cambiare tante carte in tavola, e inoltre c’è il mercato estero al quale stiamo cercando di affacciarci.
E comunque penso ci sia tantissima distanza di tempo e di genere tra un brano come “Last piece of heart” ed uno come “Voodoo Spell”… passato e futuro… o sbaglio?
Per molti effettivamente “Voodoo Spell” suona molto più moderno rispetto al resto dell’album, ma è stata una casualità. I brani erano tutti più o meno stati arrangiati per andare in studio ad agosto 2019, tutti tranne uno: “Voodoo Spell”.
Era una specie di ballad psichedelica, ma alla terza take ci siamo accorti che non girava, allora ci siamo fermati e ci siamo consultati, e allora l’abbiamo riarrangiata in studio ed è uscita così come la conoscete. Per quanto riguarda “Last piece of heart”: è nata come ballad e ha continuato la sua vita nell’album come tale.