HORUS BLACK: l'esordio dal sapore dei '50
Si chiama HORUS BLACK per l’arte e per la scena. Lui è Riccardo Sechi, genovese classe ’99. Figlio d’arte classica ma seguace di quel vintage rock’n’roll anni ’50.
Si intitola “SIMPLY” questo esordio confezionato ad arte con la direzione artistica della Sonic Factory.
E oltre le venature alla Elvis anche del buon noir alla Iene, un po’ come se l’America venisse attraversata dagli anni ’50 dei colletti alti agli anni ’70 dei gangstar dei bassifondi. E tutto punta in quella direzione.
L’intervista a Horus Black
Classe ’99. Musica distante da te di circa 50 anni. Oggi che poi siamo invasi di una scena digitale che cerca di omologare ogni cosa. Come si verifica questo incontro artistico e questa passione di fare la musica che fai?
L’ incontro artistico si verificò nella mia estate di quattordicenne, quando, viaggiando in auto, ascoltai un disco con i maggiori successi di Elvis Presley. Presto mi appassionai al genere, ed iniziai ad ascoltare non più solo in auto, ma anche a casa, facendo ricerche su Web e scoprendo così, oltre a molte altre canzoni del già citato Elvis, molti altri artisti appartenenti alla cosiddetta “Golden Age” del rock’n’roll, come Jerry Lee Lewis, Little Richard e Chuck Berry.
Successivamente, iniziai ad ascoltare le varie rock band, specie Rolling Stones, Led Zeppellin e The Doors, così come i vari crooner , ad esempio Frank Sinatra, Dean Martin e Perry Como. Ovviamente, dopo qualche tempo, ascoltare non mi bastava più, volevo anche suonare la musica che tanto mi appassionava.
Così, da autodidatta, ho imparato a suonare chitarra, pianoforte ed ukulele. A questo punto, per gioco, con mio padre (violinista classico di professione, come pure mia madre), abbiamo iniziato a scrivere i primi pezzi e dopo un pò di anni siamo arrivati a “SIMPLY”, il mio primo disco.
Tra l’altro hai anche un appeal di voce esattamente di maniera. Studiato e voluto per questo genere o anche questa è una coincidenza?
Sì, effettivamente la mia voce ben si adatta a questo stile. Devo dire che si tratta di una coincidenza, ma presumo che, essendomi in origine abituato ad ascoltare questo determinato tipo di musica, abbia subito forti influenze anche per quanto riguarda l’ uso della voce, che successivamente ho perfezionato grazie alla lezioni di canto della Maestra Paola Pittaluga.
Tra l’altro questo esordio cerca anche di suonare in quella direzione. Come mai non ti sei invece diretto verso una rilettura più moderna del sound tipico di quegli anni?
A dir la verità non si è mai neanche pensato di rendere in maniera esageratamente moderna i brani, che anzi, rispetto ai piani originali sono stati anche rinfrescati! Per esempio, una canzone inizialmente includeva il clavicembalo, elemento derivante dalle influenze classiche dovute alla professione dei miei genitori. Poi in fase di produzione si è deciso di modificare questo arrangiamento, ottenendo un risultato assolutamente più pregevole musicalmente e qualitativamente.
Comunque si è decisco di nin allontanarsi troppo dal sound di quegli anni, perchè è questo lo stile che mi piace e non ritengo giusto allontanarmi dalle mie idee di musica per andare solamente incontro al mercato, che, come detto in una domanda precedente, cerca di omologare ogni cosa; ceco di portare qualcosa di diverso rispetto al mercato odierno e di non essere omologato a questo.
Tutto in “Simply” cerca di rispecchiare un cliché che forse ai più arriva oggi grazie alle liriche di Micheal Bublè. Ma quanto altro mondo c’è attorno… cosa ne pensi di questo fenomeno?
Io guardo con favore a questo fenomeno, in quanto a mio parere favorisce la diffusione di buona musica, poi si sa, il gusto è soggettivo.
Ovviamente non posso non chiedertelo: avete pensato di stampare anche in vinile? Una musica simile non può restare in digitale…
Sì, ci abbiamo pensato, perchè la nostra opinione è che questa musica possa raggiungere la sua masima espressione nel vinile; quando verà effettivamente stampato, di sicuro lo comunicheremo.
La redazione di MIE