Giacomo Deiana: una chitarra acustica, una visione in musica.L’intervista su MIE
Esce “Single” il nuovo intenso lavoro del cantautore sardo Giacomo Deiana.
Chitarrista, insegnante, autore e compositore. Una sensibilità che sottolineiamo con grande curiosità e stupore, una ricchezza che arriva limpida dentro le trame di un disco dolce e senza presunzione.
“Single” pubblicato dalla RadiciMusic di Firenze ha la forza di una chitarra acustica e una voce, a volte solo della chitarra e a volte con poco altro in più a corredo. E tra le belle collaborazioni c’è l’incanto della voce di Andrea Andrillo e il peso poetico di Max Manfredi.
E sono pitture soffici, di pop e di cantautorato, sono piccolo confessioni e, soprattutto in questo video ufficiale, sono evidenti gli scossoni che lascia al nostro fluire spesso ingombrato da ridondanze.
Serena, il videoclip ufficiale.
L’intervista a Giacomo Deiana
Nuovo disco da “single” ricco di singoli… ma non intesi come tracce radiofoniche ma forse più intese come scritture a se stanti o sbaglio? Un disco di pezzi di vita che vivono anche indipendenti l’uno dall’altro…?
Direi che hai fatto centro in pieno! Questi brani non sono nati insieme, e, ti dirò di più, non sono stati concepiti per esser racchiusi in un album, direi piuttosto che ci si sono trovati, con la mia complicità, ovviamente, nata dal desiderio di sentirli in una registrazione, per vedere un po’ quale effetto mi avrebbe fatto ascoltarli nella loro veste definitiva.
E poi hai lasciato anche spazio a tracce di sola chitarra acustica… ad un cantautore come te chiedo: in questi casi la parola sarebbe stata “di troppo”?
Non necessaria, più che altro. Se c’è un musicista che non disdegna le ridondanze questo sono io, precisiamo, però in questo caso sentivo che la parola spettava interamente alla signora che domina le mie giornate, colei alla quale penso appena mi sveglio e prima di addormentarmi, alle cui sei corde ho dedicato tanti anni della mia vita!
Posso farti una domanda assai personale? Il non poter vedere, la cecità, in qualche modo come contamina la scrittura? Domanda rischiosa che suona anche così: se tu potessi vedere, scriveresti le stesse canzoni?
Determinante come può esserlo per un uccello avere le ali. Se vedessi, molto semplicemente, sarei un’altra persona, tutto qui! Quindi sì, scriverei diversamente perché vivrei diversamente.
MIE Vol.16 – la playlist di Aprile 2020
Nei paesi si chiede spesso alla gente di chi è figlio. A questo disco faccio la stessa domanda: di chi o di cosa è figlio? Di una condizione, di una rivoluzione, di una denuncia… ?
Figlio della curiosità, della voglia di fotografare un momento, di mescolare insieme elementi diversi per vedere cosa ne sarebbe venuto fuori, di tenere aperto un discorso, di cambiare atmosfera, di pronunciare parole in un sussurro per scoprire se hanno lo stesso effetto di quando le si pronuncia ad alta voce.
Noi ascoltiamo “Serena” a ripetizione… ma c’è una canzone che trovo molto pregiata. “Tutto tramonta”. Ti chiedo: perché l’hai lasciata alla voce di Andrea Andrillo? Cosa spinge una simile scelta?
La risposta è parzialmente contenuta in quella precedente. La voglia di sentir pronunciare parole con una voce diversa e sentire quali nuove sfumature di concetto sono in grado di assumere quando è una voce diversa a farle risuonare. E poi, fondamentalmente, io sono assolutamente, perdutamente, irrimediabilmente, inesorabilmente pazzo per Andrillo!
A chiudere spenderei tempo per questo video di sensibilizzazione. Ti lascio carta bianca perché merita tanto…
La comunicazione è da sempre stata aiutata dal veicolo immagine, ma negli ultimi 15 anni anche ciò che pensavamo avesse un valore evocativo potente come la musica si è dovuto sottomettere alla tirannia dello sguardo. Ed è uno sguardo veloce, rapido, un flash che lascia poco spazio all’approfondimento, all’immagazzinare un messaggio che non sia fruibile in pochi istanti, e questo lascia indietro chi della vista ha dovuto imparare a fare a meno.
Immagina come si sente chi ha deciso di donare la sua esistenza alla musica perché è un’arte che può cogliere a pieno anche senza poter vedere e poi si ritrova a dover necessariamente passare per quel mondo che gli è così alieno per portare il suo messaggio al pubblico. Il video di “Serena” nasce così e, onestamente, non so come farò in seguito a tornare su qualcosa di diverso, qualcosa che sia concepito per chi ha affidato alla vista il compito di raccogliere informazioni, anche quelle che avrebbero bisogno di mezzi meno immediati per essere davvero efficaci.
Una bella sfida, sicuramente, e sono curioso di scoprire cosa riuscirò ad inventarmi per non venire meno al mio desiderio di autenticità.