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Daniele Faraotti: contro le forme e le regole convenzionali. L’intervista su MIE.

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la redazione di MIE

Un disco che gira benissimo in questa nuovissima edizione in vinile 33 giri. La psichedelia d’arte pop di Daniele Faraotti e il suo grammelot di un disco visionario come “English Aphasia”.

Decisamente fuori ogni forma conosciuta dentro un susseguirsi reso naturale ma per niente prevedibile di visioni, sensazioni e di suoni allegorici che ne danno un completamento di grandissimo gusto.

Chitarrista di lungo corso ma anche autore e compositore, Daniele Faraotti sfida il pop e il conformismo con un disco davvero interessante, figlio di una mia personalissima visione di “pop art”, dove viene sfidato con intelligenza il costume sociale della musica, i suoi ascolti… dentro liriche allegoriche di suoni e di forme raramente concrete.

Un grandissimo disco di Rock spiritualmente acido.

I Got the Blues, il videoclip ufficiale.

 

 

L’intervista a Daniele Faraotti

“English Aphasia”… partiamo da qui. Perché l’afasia dell’inglese? Per farne una traduzione violenta…

Le canzoni le ho sempre scritte in finto inglese . Il testo in italiano lo scrivo dopo. È dura non perdere l’articolazione innescata dal finto inglese – o meglio, faccio di tutto per non perderla , arrivando anche a forzature discutibili come ad esempio non completare una parola nella linea vocale. Quando dici traduzione violenta non capisco – un testo in finto inglese forse lo traduce la musica stessa – lo traduce la musica e forse anche l’ ascoltatore – la miriade di significanti che eventualmente si dovessero palesare nell’atto della fruizione, fornirebbe in qualche modo una traduzione? La musica parla – cosa dice? Dice il non detto? Si certo, talvolta lo dice violentemente.

 

La scelta del grammelot è legata ad una sfida concettuale, ad una sperimentazione, ad una qualche sfida sociale… ?

Forse è legata a tutte queste cose insieme. Sfida concettuale perché sposta tutta l’ attenzione verso la musica e in questo senso è anche una sperimentazione – sfida sociale perché il grammelot non è certo una scelta in linea con gli standard del momento – forse un grammelot rap lo sarebbe di più.

 

Dunque, penso: i titoli che hai scelto sono raffigurazioni visive di quel che è racchiuso dentro ogni brano? Cioè esiste solo un legame con il suono visto che non esistono liriche e quindi messaggi letterali?

Bella domanda. Anche i titoli sono suono – ho scelto i titoli con le orecchie. “Between for a day trust” in inglese significa qualcosa, sia pur in una forma sgrammaticata – potrebbe essere un titolo alla Ringo – “Eight days a week” ecco tipo così. “I got the blues” prende un titolo in prestito – comunque sia, è interessante questo piccolo conflitto che si viene a creare tra la normalità, diciamo così dei titoli, e il non significato dei testi che in qualche modo rende il titolo ancor più evocativo – forse l’unica strada per chi volesse a tutti i costi trarre, se non un significato, almeno un ” profumo ” da/per queste canzoni. Ho scelto i titoli anche per tirarmela un po’ da inglese.

 

Che poi in diversi momenti del disco hai scritto proprio delle liriche. A questo punto vien da chiedersi come mai questa marcia indietro…

Solo “Sea elephant” scrive un testo in italiano – la musica di “Sea Elephant ” si potrebbe dire una riproduzione/traduzione in negativo ( in senso fotografico ) del Walrus lennoniano. Traduco dall’inglese il testo lennoniano deformandolo per immagini opposte . Vabbè ,detta così sembra che io conosca l’inglese – non lo conosco affatto – faccio finta – parto dal testo già tradotto. Non una marcia indietro , direi invece un cambio di prospettiva – certo per coerenza avrei dovuto tradurlo in italiano afasico, ma la cosa sarebbe stata un po’ troppo artificiosa – non trovi? non escludo altre afasie, inglesi oppure spagnole in futuro, ma per il momento è una esperienza conclusa.

 

MIE Vol.16 – la playlist di Aprile 2020

 

Psichedelia rock degli anni ’60 e ’70. Io collocherei qui questo bellissimo lavoro. Sbaglio? Che tipo di legame hai verso quella scena musica?

Non sbagli. Sixties, Seventies! Molta musica fondamentale è stata pubblicata tra il 1965 e il 1975. Potrei cominciare l’elenco dei nomi – questa volta non lo farò. L’elenco è lunghissimo, molto più lungo dell’elenco dei musicisti che cita Frank Zappa nelle note di copertina del suo esordio “Freak out” (1967); ecco un nome l’ho fatto.

 

Per salutarci ti lancio un mio pensiero, sperando che ti sia di ispirazione per un’analisi tua personale. Brani che giocano anche molto con l’elettronica ma senza abusarne mai. Arrangiamenti distorti e scelte sghembe che però hanno una ricchezza che oggi abbiamo iniziato a dimenticare pensando solo al conformismo di tutte le cose…

Beh che dire… grazie. Rispondo solo con un semplice: basta conformismo!

 

English Aphasia, l’album di Daniele Faraotti su Spotify

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